Con Armando Punzo al Knos per la Giornata mondiale del Teatro

In occasione della Giornata mondiale del Teatro – nel pomeriggio di mercoledì 27 marzo -, presso le Manifatture Knos, a Lecce, si è svolto l’incontro pubblico con Armando Punzo, regista della Compagnia della Fortezza, intervistato dal giornalista Francesco Farina. L’incontro rientra all’interno degli appuntamenti di “Io ci provo – Dentro/Fuori dal carcere”, un percorso teatrale, un laboratorio rivolto ai detenuti della sezione Borgo S. Nicola di Lecce; un progetto nato nel 2005 e che vuol tentare un recupero delle relazioni attraverso la valorizzazione dei rapporti fra individuo e gruppo.

A questo proposito risulta interessante la presenza di Armando Punzo, uno dei pionieri del lavoro teatrale in carcere. Punzo inizia la sua attività a Napoli nel 1978 con spettacoli di strada del Teatro Laboratorio Proposta, dal 1983 è a Volterra con il gruppo L’Avventura, fino a quando fonda nel 1987 l’associazione culturale Carte Blanche e l’anno successivo inizia la sua attività teatrale nel carcere di Volterra; attività che sancirà la nascita della Compagnia della Fortezza. Durante l’incontro si sono toccati momenti particolari e ben precisi dell’attività di Punzo, dagli inizi che – a detta dello stesso regista – lo hanno visto interessarsi alla possibilità del teatro in carcere non per un reale interesse verso i detenuti e le conseguenti implicazioni sociali derivanti dall’attività artistica in una istituzione totale (implicazioni, afferma Punzo, che spesso in Italia vengono veicolate con una ventata di buonismo), ma esclusivamente per un bisogno personale di dar vita ad una compagnia. Tale bisogno, definito dal regista come “egoistico”, lo ha portato a rendersi conto di quanto il dialogare e lavorare coi detenuti, parlando e tentando di risolvere quelli che erano in realtà i suoi problemi o quesiti personali, apriva ai detenuti stessi un mondo nuovo, delle possibilità diverse proprio a partire dalla relazione umana, dalle trame che il teatro poteva aprire, tessere, all’interno del sistema carcerario. L’introduzione del teatro in tale sistema apre scenari grotowskiani che inseriscono, o potrebbero inserire, il detenuto all’interno di una condizione diversa nonostante la permanenza all’interno di una certa torsione che l’istituzione esercita sull’attore sociale, in quanto pare delinearsi la visione di Grotowski di quel concetto per cui «Non è l’avventura teatrale che è importante nella vita, ma la vita come avventura, questo è importante», quell’avventura che il teatro può portare, o riportare, in un contesto totale, che agisce sull’individuo fino al punto di ottenere una rideterminazione psichica dell’attore sociale sottoposto ad una torsione identitaria. L’elemento fondativo del dialogo, o della relazione sociale nel e col teatro, che muove trame importanti negli ambiti delle istituzioni totali, realizza a partire proprio dal teatro un recupero e una ri-valorizzazione dell’attore sociale altrimenti relegato all’oblio istituzionale che sovrasta. Quel che è necessario, afferma Punzo, affinché ciò possa avere un senso, un seguito, una sua funzione, è che la società, fuori, accolga e risponda a queste necessità.

Francesco Aprile
2013-03-27

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